«Le vite ordinarie possono essere altrettanto affascinanti di quelle sensazionali. Un romanzo scritto in modo superbo».
Olga Tokarczuk, premio Nobel per la letteratura
«Le vite ordinarie possono essere altrettanto affascinanti di quelle sensazionali. Un romanzo scritto in modo superbo».
Olga Tokarczuk, premio Nobel per la letteratura
Mikołaj Łoziński (nato nel 1980) è un importante scrittore polacco i cui romanzi sono stati tradotti in molte lingue e hanno vinto numerosi premi tra cui il Premio della Fondazione Kościelski e il Polityka Passport. Per scrivere Gli Stramer si è ispirato a fatti della propria storia familiare, basando la sua narrativa su approfondite ricerche d’archivio. Ma, come ha dichiarato in un’intervista del febbraio 2020, «quando ho iniziato, nel 2011, pensavo di scrivere un romanzo puramente storico. Temevo di non essere in grado di descrivere correttamente i giovani nazionalisti. Sembravano lontani come l’era dei dinosauri. Ma la realtà degli ultimi anni mi è venuta in aiuto. Oggi, la vista dei nazionalisti che marciano in città non sorprende più nessuno. Il tempo non si è fermato, ma è andato indietro, a una velocità dieci volte superiore».
Il romanzo di Gli Stramer (2019) è stato scelto come libro dell’anno dalla rivista “Book Magazine” di Gazeta Wyborcza. Gli Stramer è stato anche nominato per il premio letterario “Nike” ed è arrivato in finale al premio letterario Angelus Central European.
«Il cognome Stramer significa forte, cordiale. Mi è sempre piaciuto. È scomparso dopo la Seconda guerra mondiale insieme a quasi tutto il mondo ebraico. Ma è tornato per restare, almeno in un libro».
Mikołaj Łoziński
NATHAN
Fu per Rywka che tornò dall’America. Diceva di non aver pensato ad altro che a lei per quattro anni, e così si era deciso a comprare un biglietto della nave. Non diceva di essere tornato senza un soldo e di essere stato costretto a chiederne a suo fratello maggiore. Preferiva invece ficcare nei suoi discorsi qualche parola americana, che in famiglia non capiva nessuno. Dall’America si era portato una cinta di pelle con una fibbia massiccia, regalo d’addio da parte di suo fratello prima di tornare in Polonia. Si erano stretti la mano al porto di New York e non si erano mai più visti. Dalla cinta, dai buchi che erano stati aggiunti, si poteva capire quanto fosse cambiato il suo corpo negli anni. Nathan neanche si ricordava più di quando era stato magro. Aveva l’aspetto di un lottatore, proprio come suo padre e suo nonno. Un vecchio lottatore. Spalle larghe, un collo appena percepibile e la gabbia toracica prominente, come quella di un gallo. Si vantava che in città lo chiamassero “il Boss”. Quando per strada gli chiedevano come andava, Nathan rispondeva: «Tutto bene, neanche malaccio». Si toccava la falda del cappello e proseguiva. Ogni tanto arrivava una lettera da New York. Ben scriveva che, purtroppo, doveva ancora rimandare il viaggio a Tarnów. Non poteva lasciare il suo negozio di cancelleria. La scuola stava per cominciare e aveva troppi ordini. Era stato costretto a licenziare una commessa svogliata, e non aveva trovato un rimpiazzo degno di fiducia. Di lì a breve ci sarebbe stata la festa cristiana del Natale, e lui mica aveva solo ebrei per clienti! Sua moglie si era ammalata di nuovo. Lasciare in quel momento il negozio avrebbe causato una crisi tale, che poi ritornare in America sarebbe stato impossibile. Ma aveva troppa nostalgia e si stava organizzando per l’anno successivo. Non vedeva l’ora di conoscere Rywka, i loro figli e le loro figlie.Siete i genitori, sapete voi cosa sia meglio per loro,
comprategli quel che serve, da parte mia.Ben infilava delle banconote verdi all’interno della lettera scritta su carta intestata (BEN STRAMER GENERAL MERCHANDISE, 33 Grand St, NY), piegata in tre. In più, avvolgeva i soldi nella carta velina viola, per non far vedere cosa la busta contenesse. Quella carta macchiava le banconote ogni volta, le tiravano fuori violacee e Rywka doveva lavarle delicatamente e poi metterle ad asciugare sulla stufa in cucina. Ai suoi bambini Nathan dava soltanto i francobolli americani staccati dalle buste. I dollari li metteva via. «Non faccio altro che lavorare, non ho tempo di guadagnare» spiegava a Rywka. E poi aspettava. Aspettava, aspettava, aspettava. Il buon affare. L’affare che avrebbe cambiato per sempre la vita degli Stramer, che li avrebbe tolti da quell’appartamento di una stanza e cucinino in via Goldhammer, li avrebbe elevati fino ai piani alti di un palazzo signorile dalle finestre variopinte che davano su scalinate interne, in un elegante quartiere abitato da cristiani ed ebrei, meglio ancora se nei pressi della fermata del tram, di cui allora Tarnów si andava vantando. Avrebbero vissuto in uno di quegli appartamenti spaziosi, dalle mille camere e dai soffitti alti, con il bagno e la toilette con l’acqua corrente, la luce elettrica e il balcone. Durò poco l’idea che tutto ciò potesse accadere.
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